11.09.29 Distacco riscaldamento allegato_4274-1317309447

Il condomino può ben staccarsi dal riscaldamento centralizzato e risparmiare
(gran) parte delle spese connesse, alla faccia del regolamento di natura
contrattuale e dei suoi angusti paletti. È quanto emerge da una sentenza
depositata il 29 settembre 2011 dalla seconda sezione civile della Cassazione.

Autonomia e solidarietà
Dopo una doppia sconfitta in sede di merito,
e contro le conclusioni del pm, il proprietario dell’appartamento in cerca di
autonomia segna un punto prezioso nella sua battaglia contro il resto dei
residenti. Sarà soltanto il giudice del rinvio a chiudere la controversia, ma lo
farà in base a una serie di rilevanti indicazioni fornite dalla Suprema corte. E
allora: il regolamento condominiale, quand’anche abbia natura contrattuale e
dunque valore di contratto atipico, non può derogare alla legge, cioè alle
disposizioni del codice civile sulle parti comuni dell’edificio; il singolo
condomino, quindi, ha ben diritto a spendere meno e consumare meno energia senza
che su questa sua prerogativa possa influire l’interesse degli altri a un più
vantaggioso riparto delle spese di riscaldamento: in base alla giurisprudenza di
legittimità ogni condominio può staccare le diramazioni della sua unità
immobiliare dall’impianto termico comune senza la necessità di autorizzazione o
approvazione degli altri condomini; egli resta obbligato al pagamento delle
spese per la conservazione dell’impianto, ma è tenuto a partecipare a quelle di
gestione se, e nei limiti in cui, il suo distacco non si risolva in una
diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri
condomini.

Secessione, secessione
Il regolamento condominiale, nel
caso di specie, individua per le spese di gestione un criterio fondato per metà
sulla cubatura dei locali e per l’altra sulla superficie radiante, determinata
dal numero e dalle dimensioni dei termosifoni installati nell’appartamento, che
comunque permangono. Ma nella specie la superficie radiante è divenuta pari a
zero e, dunque, il condomino “secessionista” deve essere esonerato dalla
relativa quota di esborso. La parola passa a un’altra sezione della Corte
d’appello.

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