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L’inquilino saluta e se ne va. A causa, sostiene, delle infiltrazioni d’acqua che rendono invivibile la casa posta sulla sommità dell’edificio. Allora il locatore pretende i danni dal condominio che non è intervenuto subito a frenare l’invasione dell’umidità sulle pareti dei locali. Ma deve accontentarsi di un risarcimento esiguo, senza poter incassare dall’ente di gestione i canoni d’affitto non riscossi. E ciò perché il danno da mancato godimento dell’immobile non è affatto in re ipsa, ma anzi impone una prova convincente, che nella specie non risulta fornita; di più, l’esito della consulenza tecnica d’ufficio prevale sulla lettera di commiato dell’inquilino, secondo cui la casa non è più abitabile: il perito conclude che sì, le macchie ci sono, ma l’appartamento non può ritenersi off-limits. Al locatore non resta che prendere cappello. È quanto emerge dalla sentenza 10848/14, pubblicata il 16 maggio dalla terza sezione civile della Cassazione.

Fotografie decisive
Sbaglia il proprietario dei locali quando chiede il risarcimento da lucro cessante per il mancato utilizzo dell’immobile sul rilievo che le infiltrazioni d’acqua rappresentano in sé stesse un pregiudizio, complice il mancato tempestivo intervento del condominio nel rimuoverne le cause sul lastrico solare dell’edificio; eppure il locatore in primo grado aveva ottenuto il risarcimento pari ai canoni di locazione non riscossi, oltre 17 mila euro, ma la riforma della sentenza decisa in appello riduce il ristoro alla somma poco più che simbolica di 250 euro: il punto è che la prova della gravità del danno ci vuole eccome quando il locatore pretende che sia il condominio a rifondergli gli affitti non riscossi. E ad adempiere all’onere della dimostrazione non risulta affatto sufficiente la circostanza che il conduttore ponga anticipatamente fine alla locazione a causa, a suo dire, delle infiltrazioni d’acqua, ma serve almeno un riscontro obiettivo al dato offerto dalla lettera dell’inquilino. Nella specie non solo il riscontro manca, ma pesa in senso opposto la «copiosa documentazione fotografica» offerta dal perito nella consulenza tecnica d’ufficio, che risulta decisiva nell’attestare come le macchie di umidità incriminate non siano poi tali da impedire il soggiorno nei locali. Il locatore paga le spese di giudizio.

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